Da Remuccia ad Ester, quando il ricordo rende la Festa della donna monito contro la violenza. I numeri del Centro La Fenice

TERAMO – La Festa della donna resta purtroppo occasione non per celebrare un raggiunto traguardo di vera emancipazione, quanto per ricordare un lungo elenco di casi di violenze e soprusi, che fanno del rispetto e della inviolabilità del sesso femminile diritti ancora lontani dall’essere universalmente riconosciuti. E la provincia di Teramo non può ritenersi immune, rispetto a quanto si legge o si ascolta attraverso i media nazionali. Perchè il caso della dottoressa Ester Pasqualoni, l’oncologa masscarata nel parcheggio dell’ospedale di Sant’Omero nel giugno scorso, è soltanto l’ultimo dei femminicidi che nel Teramano contano altre vittime, un lungo elenco di donne martiri di amore violento, sia esso di mariti, figli o amanti. Donne ammazzate, ma anche spinte a togliersi la vita: negli ultimi 30 anni, si chiamavano Maria Luisa (Di Giacopo, Campli, 1988), Daiana (Di Martino, Roseto, 1992), Remuccia (Di Paolantonio, Teramo,1992), Svetlana (Koneva, Corropoli, 1998), Svetlana (Alexeenko, Martinsicuro, 2002), Marzanna (Malgorzata, Corropoli, 2005), Maria Filomena (D’Angelo, Tortoreto, 2006), Adele (Mazza, Teramo, 2010), Melania (Rea, Villa Lempa, 2011).
Il Centro antiviolenza "La Fenice". Non ci sono soltanto i numeri del Codice rosa della Asl di Teramo a descrivere quel sofferto emergere dall’anonimato delle tante violenze di genere. Il Centro "La Fenice", gestito dalla Provincia di Teramo, nella sua silenziosa battaglia quotidiana contro le aggressioni psciologiche, fisiche, economiche e sessuali, detiene dati e statistiche che fanno capire come il problema sia lungi dall’essere risolto. Non ci sono infatti soltanto le decine e decine di provvedimenti giudiziari che accompagnano i casi di stalking, a rimarcare da un lato l’attualità del fenomeno, dall’altro l’amara presa d’atto che sono ancora poche le violenze che riescono ad emergere. La fotografia del Centro antiviolenza immortala un fenomeno in deciso aumento: dal 2015 al 2017, i casi scoperti sono passati da 64 a 70 all’anno, con un numero di minori coinvolti sempre maggiore (da 20 a 84); ma dei 70 venuti alla luce, soltanto 23 lo sono stati grazie a una denuncia di chi era coinvolta dalla violenza. Troppo spesso sono dipendenti economicamente dall’uomo violento e non ce la fanno ad affrancarsi. Ventisette di esse sono coniugate, 16 separate, 10 divorziate, 13 sono laureate, 32 diplomate, 22 hanno una liucenza media, sono a metà disoccupate o impiegate, in 32 casi il mostro è il marito, in 14 l’ex, in 6 un famigliare.